Il termine generico tiro a volo identifica ogni attività a fini sportivi, o sport riconosciuto, del presente o del passato, che consista nel colpire un bersaglio in volo con un’arma da fuoco. Il termine specifico tiro a volo invece, nasce per identificare una ben precisa forma di tiro al piattello, che consiste nel colpire in volo un bersaglio piatto, chiamato piattello, da una determinata distanza con un fucile a canna liscia, ed è una disciplina olimpica, nel cui ambito, tuttavia, viene ormai identificata ufficialmente con il suo termine generico, tiro a volo. Sempre strettamente in ambito olimpico, essa viene riconosciuta come una delle due discipline (insieme al tiro a segno) dello sport definito “tiro” . Questa disciplina olimpica comprende attualmente tre specialità: fossa olimpica (trap), maschile e femminile, skeet, maschile e femminile e (fino al 2016) doppia fossa solo maschile, per un totale di cinque gare ufficiali.
Le origini di questo sport risalirebbero alla seconda metà del XIX secolo quando negli Stati Uniti prese campo l’hobby del tiro a segno su un bersaglio costituito dalle palline di vetro del tipo di quelle usate per gli addobbi natalizi. Le palline venivano lanciate da speciali strumenti, chiamati balltraps (da cui il nome attuale trap usato per indicare il tiro classico oggi denominato fossa olimpica o fossa universale). Dal 1880 si passò dalle palline ad un bersaglio mobile in argilla a forma di disco, il canaconda d’argilla, o – per la forma troppo lunga. Il primo circolo sportivo nacque in Gran Bretagna nel 1857. In Italia le prime gare si svolsero in Sicilia, verso la metà del XIX secolo. La prima società in Italia di tiro a volo fu creata a Milano nel 1872.La FITAV (Federazione Italiana Tiro a Volo) è nata nel 1926 per interessamento di un appassionato industriale del settore, Ettore Stacchini, il quale riuscì a raccogliere una trentina di società appartenenti a tutte le regioni italiane nella Federazione Italiana Tiro al Piccione d’Argilla (il bersaglio mobile ideato sulla falsariga dell’anglosassone clay-bird, uccello d’argilla e del francese pigeon d’argile). Nel 1927 la FITAV assunse l’attuale denominazione entrando a far parte del CONI. Per una diffusione maggiore di questo sport – che ha sempre sofferto di congeniti problemi riguardanti gli impianti – si dovette attendere il 1930, quando vennero organizzati a Roma – su iniziativa dello stesso Stacchini – sia il Campionato mondiale dell’unica specialità di tiro al piattello allora conosciuta, la Fossa Olimpica, sia il Campionato mondiale di tiro al piccione.
Il bersaglio è sempre in movimento e può essere sia predeterminato in base ad una sequenza nota che selezionato a caso al momento del lancio. Il tiro a volo si suddivideva in due categorie, il tiro al piccione e il tiro al piattello: oggi esiste solo il tiro al piattello, in quanto il tiro al piccione è vietato ed è stato sostituito dal tiro all’elica.
Fossa olimpica (trap) La fossa Olimpica (in inglese trap) è la principale specialità (fece la sua apparizione ai Giochi Olimpici fin dalla seconda edizione di Parigi 1900, sia pure come sport facoltativo). Consiste essenzialmente nel dover colpire un piattello lanciato dal basso verso l’alto davanti al tiratore, con traiettoria sconosciuta, e, due colpi a disposizione. Di conseguenza, stabilire una classifica di gara è molto semplice: Vince chi, su un certo numero di piattelli lanciati, ne colpisce di più, ovvero ne sbaglia di meno. La fossa olimpica si chiama così perché le regole[2] che descrivono le caratteristiche dell’area di gara prevedono che di fronte ad una pedana rettilinea, di lunghezza 20 metri, che ospiti 5 postazioni di tiro, corra parallelamente, ad una distanza di 15 metri dalle postazioni, un canale dritto chiamato appunto “fossa”, lunga quanto la pedana, profonda abbastanza da poter nascondere alla vista del tiratore le 15 macchine da lancio previste, divise in 5 gruppi di 3, dei quali ciascuno posizionato esattamente davanti ad ognuna delle postazioni; Il fatto che ciascun gruppo sia formato da tre macchine determina che esistano tre possibili punti di uscita, impedendo la mira preventiva al tiratore. Le postazioni sono spartite lungo la pedana in modo che tra loro siano equidistanti, tenendo conto che la prima corrisponde con l’inizio della pedana e la quinta coincide con la fine, per cui ognuna dista cinque metri dalle altre. Per evitare che si creino situazioni di vantaggio o svantaggio dovute alla postazione, è previsto che ogni tiratore cambi postazione più volte, durante la gara.